Ho deciso di dedicare due giorni per visitare la Biennale d’Arte a Venezia: il tema di quest’anno è “Il Palazzo Enciclopedico”.
E’ sempre un piacere per gli occhi e per le orecchie visitare Venezia, una città da gustare lentamente camminando e perdendosi nelle calli per poi trovarsi magicamente davanti ad un canale, accorgendosi di aver sbagliato strada per necessariamente iniziare un nuovo percorso.
E’ una città che ho sempre frequentato come turista, più volte, ma in cui mi perdo ogni volta che torno, occasione per scoprire scorci nuovi e suggestivi.
Nell’esposizione all’Arsenale e ai Giardini, ormai, cerco sempre opere che mostrino una certa sensibilità nei confronti del mondo dei suoni o della musica: purtroppo ne ho trovate poche quest’anno. In effetti ho notato che proporre, come hanno fatto alcuni artisti, delle opere che abbiano nel titolo parole come “silenzio, musica o suono” attiri e stuzzichi la curiosità dei visitatori: mi sono trovata ad attendere, pazientemente in coda con tante altre persone, per visitare un’installazione che nel titolo suggeriva la possibilità di un’esperienza di silenzio. Attesa vana: piuttosto inutile e banale.
Visitando i Giardini, invece, mi hanno colpita solo due progetti artistici chiaramente orientati a valorizzare contenuti sonori. Uno è “Ravel Ravel” di Anri Sala, presso il Padiglione Francese che si focalizza sull’esecuzione, da parte dei pianisti Louis Lortie e Jean-Efflam Bavouzet, del “Concert in D for the Left Hand” di Maurice Ravel. Vengono proposti i video delle due esecuzioni, in una sala molto fonoassorbente, quasi anecoica: le immagini si soffermano sulle mani degli interpreti che talvolta suonano all’unisono, talaltra no. Questa installazione mi ha ricordato un’opera di Ceal Floyer intitolata “Goldberg variations”. In essa, l’Autore ha sovrapposto alcune interpretazioni delle celebri “Variazioni Goldberg” di J.S. Bach: si nota che fino ad un certo punto, le esecuzioni si sovrappongono con una certa precisione ma, dopo un po’, iniziano a perdersi e a distanziarsi, facendo riflettere sull’unicità dell’interpretazione che, anche per uno stesso brano musicale, non è mai uguale ad un’altra.
Nel Padiglione Ungherese, invece, Zsolt Asztalos in “Fired but unexploded” fa riflettere sulle bombe rimaste inesplose che, spesso, si trovano nascoste sottoterra. In una delle sale, infatti, alcuni monitor raffiguranti l’immagine fissa di diverse bombe sono collegati ad una coppia di cuffie in cui ascoltare i suoni di una vita tranquilla e inconsapevole del pericolo sottostante.
Per trarre un sintetico bilancio della mia veloce visita, posso dire che la parte più bella della Biennale è stata Venezia.
Ho registrato la mia passeggiata in Piazza San Marco, in un tiepido sabato pomeriggio di fine estate. Ci sono turisti di nazionalità diverse, di cui è intrigante ascoltare i discorsi a me incomprensibili ma ciò che mi ha colpita, riportandomi alla mente la tradizione dei Gabrieli e dei cori battenti, è stato camminare tra i vari bar con tavolini all’aperto che, non soltanto, offrono un’incantevole vista sulla piazza, ma anche la possibilità di ascoltare musica retrò suonata dal vivo; talvolta le musiche si sovrappongono tra loro, talaltra le orchestre vicine attendono il proprio turno per evitare effetti cacofonici. Inoltre, essendo una città di mare, ci sono gli immancabili gabbiani che litigano per un pezzo di pane lasciato dai turisti e i loro gridi si intersecano con la voce registrata di un soprano all’interno di un teatro le cui porte sono state lasciate aperte.
piazza san marco (soundwalk)
Un altro piacere offerto da Piazza San Marco è la presenza del Negozio Olivetti progettato da Carlo Scarpa che, nel periodo di apertura della Biennale, ospita un’installazione sonora, “Time Lapse”, realizzata dai deejay Donato Dozzy e Rabih Beaini e dal fotografo Armin Linke. Gli artisti hanno interpretato, dal punto di vista visivo e acustico, le peculiarità del luogo, creando paesaggi sonori realizzati con il campionamento di suoni e rumori del Negozio.
Dopo una giornata ritmata dalla lentezza del cammino e dall’inesperienza dei luoghi, tornata nella mia stanza di b&b affacciata su di uno stretto canale, ho concluso degnamente la mia vacanza veneziana vivendo un’atmosfera that’s amore: le gondole che trasportano lentamente i turisti al suono di una serenata, il tac-tac di un valigia trascinata lungo gli scalini di un piccolo ponte, un gruppo di americani che, divertiti, scattano una foto ricordo in una calda serata italiana.
serenata (soundscape)