Stefano Convertini è agronomo ed entomologo. Si è laureato in Scienze e tecnologie Agrarie presso l’Università degli Studi di Bari “A. Moro” con tesi in patologia vegetale dal titolo: “Valutazione dell’attività e della produzione in siderofori in lieviti rossi, potenziali antagonisti di Botrytis cinerea in post-raccolta”. E’ stato vincitore di un contratto di ricerca presso il Dipartimento di Protezione delle Piante e Microbiologia Applicata della stessa università dal titolo: “Sperimentazione di tecniche di diagnosi fitopatologica tradizionale e molecolare per l’individuazione precoce di patogeni che possono compromettere la sanità di piantine d’olivo in vivaio (Verticillium dahliae, Phytophthora spp.)”. Ha conseguito il titolo di Dottorato di Ricerca in Protezione delle Colture, svolgendo una tesi in Entomologia dal titolo: “Riduzione e morfologia funzionale delle antenne delle femmine dei Diaspididae (Rhynchota Coccoidea): uno studio sperimentale”. In questo percorso di studio, ha approfondito l’attività di ricerca presso il Bohart Museum Entomology, University of California, Davis campus, realizzando osservazioni originali delle differenze inter-intra specifiche della morfologia antennale dei Diaspididae,con conseguenti considerazioni tassonomiche e partecipando con il Bohart Museum alle diverse attività di ricerca e raccolte entomologiche in aree della California. Nell’ambito della patologia vegetale, protezione delle colture e dei prodotti vegetali, da parassiti e patogeni vegetali, ha pubblicato articoli e contributi in numerose riviste scientifiche, oltre a partecipare a congressi in Italia e all’estero. E’ presidente e direttore scientifico della “ReAgri s.r.l. Innovation & Research”, società che svolge sperimentazione e ricerca nel campo della protezione delle piante.
Il paesaggio è un sistema in cui gli elementi che lo costituiscono si relazionano tra loro in un rapporto di interdipendenza. Gli insetti come contribuiscono alla costruzione del sistema?
Gli insetti contribuiscono in senso funzionale, riproduttivo, estetico, ed emozionale a costruire l’ecosistema. Per quanto riguarda il livello estetico, possiamo pensare alle farfalle, ai colori che sprigionano creando, di riflesso, un aspetto emozionale all’interno del sistema oppure all’estetismo dei tronchi scavati o bucherellati dagli insetti xilofagi, ai termitai australiani, vere e proprie montagne di terra alte tre metri, o ai favi delle api o delle vespe che esprimono una geometria perfetta. Dal punto di vista funzionale, invece, l’insetto è importante perché degrada la sostanza organica e quindi semplifica il sistema complesso, chiudendo il ciclo biologico; oppure pensiamo, ad esempio, all’aiuto che danno nella riproduzione delle piante, attraverso l’impollinazione o alla dispersione del seme.
In “Bug Music. How insects gave us rhythm and noise”, David Rothenberg indaga sulle costruzioni sonore che gli insetti creano per il soddisfacimento delle funzioni basilari della loro vita. Ad esempio, sembra che i maschi delle cicale cantino per attirare le femmine e, una volta finito il richiamo maschile, la femmina reagisca con un piccolo colpo di ali: se il maschio lo sente, ricomincia il canto e si ripetono le stesse dinamiche fino a giungere all’accoppiamento. In questo caso possiamo parlare di “musica degli insetti”, secondo la definizione di musica come “suono organizzato”?
No, non si può interpretare l’insetto come un creatore di “suono organizzato”, anche se ricordiamo che Platone pensava alle cicale come a degli artisti nel campo musicale e dell’eloquenza, poiché avevano smesso di mangiare e avere rapporti con l’uomo per dedicarsi totalmente alla loro arte. In realtà gli insetti non creano suoni complessi o organizzati ma emettono principalmente degli ultrasuoni, alcuni dei quali sono percepibili dall’uomo, quelli sotto i 15K Hz, e altri non percepibili dalle orecchie umane perché superiori ai 25K Hz; tuttavia queste informazioni sonore sono importanti nelle relazioni interspecifiche e intraspecifiche dell’insetto perché si tratta di una forma di comunicazione di messaggi sociali, nel caso di insetti sociali, che riguarda i rapporti tra i sessi, o di aggregazione oppure segnali di pericolo allo scopo di intimorire altre specie ostili.
Ci sono insetti che non percepiscono i suoni? Quella uditiva è una percezione importante nello svolgimento della vita di un insetto? Per quali altre funzioni, oltre a quella prima citata, gli insetti utilizzano l’udito?
La maggior parte degli insetti percepisce suoni semplici dovuti alle vibrazioni del terreno o nell’aria. La percezione del suono può essere diretta, attraverso dei sensori collocati al livello del terreno ossia sulle zampe posteriori e anteriori che trasferiscono il suono ad organi specializzati detti cordotonali, oppure grazie a sistemi più complessi in virtù della presenza di particolari strutture di ricezione, ovvero dei veri e propri timpani che amplificano i suoni provenienti dall’aria; anche i suoni più deboli vengono percepiti attraverso dei sensori, che possono essere presenti sul torace o al livello delle zampe anteriori; essi vengono amplificati dai sistemi nervosi interni e, quindi, percepiti. Ci sono, dunque, insetti dotati di sistemi di percezione più evoluti e altri meno, ma tutti sono in grado di percepire i suoni.
La percezione del suono serve all’insetto per le relazioni intraspecifiche, nei rapporti con la comunità o con la coppia di individui, o per le relazioni interspecifiche, ossia con insetti di altre specie, con l’uomo o con gli altri animali. Un esempio può essere un insetto che degrada il legno (xilofago), lo Xestobium rufovillosum (De Gree) detto orologio della morte per il caratteristico rumore generato dagli adulti all’interno del legno infestato. Tale suono è ottenuto sbattendo a intervalli regolari l’addome contro le gallerie, come fosse un tamburo, per richiamare la femmina.
La percezione del suono è importante anche per il riconoscimento di predatori come i pipistrelli, che emettono ultrasuoni per individuare le prede: alcune falene li percepiscono e, quindi, cambiano direzione allontanandosi dal pericolo. Le api, ad esempio, possono emettere suoni attraverso la vibrazione dell’addome e il battito delle ali per richiamare l’attenzione all’interno dell’arnia; in seguito, dopo il richiamo, attraverso una danza danno indicazioni sulla direzione e sulla lunghezza del percorso da affrontare per trovare il cibo e, anche in funzione dell’intensità di questo suono, esse fanno capire se si tratta di una fonte alimentare importante o meno. Inoltre, sembra che la cicala femmina riesca a percepire suoni intorno ai 30 dB: essa, quindi, seleziona il maschio anche in base all’intensità del suono che emette e che dimostra la sua forza.
I pipistrelli sono capaci di orientarsi grazie all’udito, in virtù delle riflessioni del suono nello spazio. Gli insetti, quando non comunicano tra di loro attraverso i suoni, come percepiscono lo spazio che li circonda?
Gli insetti percepiscono lo spazio, oltreché con il suono, anche attraverso i chemiorecettori e i termorecettori. Oltre al suono, infatti, gli insetti riescono a percepire le variazioni termiche e i semiochimici, ovvero degli ormoni che hanno funzioni sessuali, di allarme, etc. Per esempio i cherormoni, percepiti dagli insetti necrofagi e xilofagi, permettono all’insetto di capire se un individuo è nella fase di morte (pianta o animale). Come gli esseri umani sono dotati di sensi, così anche gli insetti: essi, ad esempio, sono capaci di vedere le sagome sia attraverso gli ocelli (simili a piccole lenti) sia attraverso lo scambio termico, orientandosi nel sistema.
Ne “Il paesaggio cognitivo” Almo Farina afferma che “il paesaggio sonoro può influenzare frequenza ed intensità delle emissioni acustiche in molti organismi”. Sembra che gli usignoli siano in grado di modulare il proprio canto territoriale sulla base del contesto sonoro in cui si trovano. Nel caso degli insetti, l’inquinamento acustico nuoce alla comunicazione tra membri della stessa specie o nella percezione del contesto? Se sì, come si difendono?
L’inquinamento nelle sue varie forme, acustico, cromatico e luminoso, può influire sull’attività degli insetti.
L’inquinamento acustico, interferendo con le frequenze che servono agli insetti per orientarsi, può incrementare o ridurre i rapporti interspecifici e intraspecifici perché, ad esempio, potrebbe impedire la percezione del predatore o della femmina, con la conseguenza di ridurre gli accoppiamenti e quindi la popolazione di quella specie: pertanto, gli insetti risentono degli squilibri del sistema, adeguandosi di conseguenza e rispondendo con reazioni disformi rispetto alla loro natura. Anche in casa noi interagiamo con gli insetti attraverso l’uso di apparecchi acustici che diffondono ultrasuoni per allontanare le zanzare: per noi è indubbiamente utile, ma infastidisce l’equilibrio dell’insetto.
Inoltre l’inquinamento luminoso può essere un fattore di disturbo perché, se l’insetto è abituato ad un naturale bioritmo tra giorno e notte, con la presenza della luce continua, soprattutto in città, allunga la sua vita anche riproduttiva e può portare anche a degli incrementi della popolazione e comunque a degli squilibri.
L’inquinamento cromatico può essere associato ai gas di scarico che anneriscono la natura e le strutture circostanti: l’esempio classico è quello della farfalla Biston betularia in Inghilterra durante la fase della Rivoluzione Industriale. Questa specie, presente due forme cromatiche (chiara e scura) ed utilizza normalmente il colore bianco-argento della betulla per mimetizzarsi e proteggersi dai predatori. La rivoluzione industriale, comportò un complessivo annerimento del paesaggio intorno alle aree industriali, compreso le cortecce degli alberi. Questo mutamento ambientale determinò un vantaggio mimetico della forma melanica della Biston betularia (ossia la Biston betularia var. carbonaria) rispetto alla forma chiara. Questi esempi dimostrano che qualsiasi forma di inquinamento tende a scombussolare l’equilibrio all’interno del mondo entomologico.
Il bioacustico Bernie Krause ha registrato il suono del sistema vascolare degli alberi, quando assorbono acqua dal terreno: se l’albero è assetato, ad un certo punto le cellule interne scoppiano e tale suono, non percepibile dalle orecchie umane, viene sentito dagli insetti che sono attirati verso l’albero. Anche gli uccelli, di conseguenza, si dirigono verso l’albero e si crea un ecosistema generato da una percezione acustica. In generale, le piante percepiscono i suoni? Ci sono altri esempi di interazione tra piante e insetti per via acustica?
E’ stato dimostrato che le piante, oltre ad avere interazioni chimiche, istituiscono anche delle relazioni sonore con quelle circostanti. Si tratta di meccanismi di monovibrazioni meccaniche dovute all’attività cellulare: non sono dei suoni veri e propri ma durante la crescita delle radici che si sviluppano in continuazione, vengono emessi dei suoni particolari simili a “click”. Sembra che tali suoni possano essere percepiti dalle radici vicine: questo è importante perché apre diverse strade per la ricerca, dimostrando anche la complessità delle interazioni tra i vegetali.
Per quanto riguarda il rapporto sonoro tra piante e insetti, sicuramente lo studio sui suoni emessi durante la crescita cellulare può spiegare l’attrazione degli insetti lignicoli per il legno: infatti, oltre all’azione dovuta allo stimolo chimico per l’emissione, da parte della pianta, di sostanze che ne indicano la morte imminente, si può ragionevolmente pensare che i suoni legati al riadattamento della cellula, in seguito alla perdita di acqua, possano attirare tali insetti. Quindi, potremmo parlare di un’azione combinata di emissioni chimiche e acustiche.
Tra i protagonisti del film “Sacro GRA” di Gianfranco Rosi, c’è un botanico che, munito di registratore, lotta contro il punteruolo rosso, che distrugge le palme dall’interno. E’ davvero possibile usare il suono, nel suo vasto spettro frequenziale, per allontanare i parassiti dalle piante, senza l’uso di pesticidi chimici?
Si può pensare ad un’alternativa ai pesticidi chimici attraverso l’uso di ultrasuoni ma, francamente, non c’è ancora nulla di concreto. Le piante sono perfettamente in grado di percepire le vibrazioni attraverso delle particolari strutture cellulari dette “canali meccanosensibili”. Ci sono degli studi in cui si è dimostrato che le piante di vite, sottoposte alla musica di Mozart, sono maturate una decina di giorni prima rispetto al previsto; in questo modo, indirettamente possiamo portare la pianta ad un fenomeno cosiddetto di “sfuggenza”, riducendo il tempo di contatto tra pianta e insetto. Se, ad esempio, c’è una particolare specie che può attaccare la vite, riducendo la permanenza in campo del prodotto, esso sfugge all’attacco dell’insetto.
Altri studi hanno dimostrato che le vibrazioni possono interferire con l’ambito riproduttivo dell’insetto e quindi con un suono, per via indiretta, possiamo ridurre la riproduzione dell’insetto dannoso e quindi limitare, di conseguenza, l’utilizzo dei prodotti chimici. Ribadisco, però, che si tratta di aspetti in fase di studio.
Si usano frequenze sonore particolari, non percepibili dall’orecchio umano, che possono avere una funzione di disturbo nei confronti dell’insetto, determinando un cambio di direzione e l’allontanamento: i campi di applicazione sono gli ambienti di stoccaggio, soprattutto agroalimentari, o le nostre case per allontanare le zanzare. Più che il suono, come alternativa ai pesticidi chimici, di solito si utilizzano gli ormoni che agiscono come sistemi di interferenza per confondere l’accoppiamento: di solito o si inebria il campo di ormoni femminili, con la conseguenza che il maschio non sa più dov’è la femmina e non si accoppia, oppure si creano delle trappole con ormoni femminili che attirano il maschio che però rimane ucciso.
I sistemi che utilizzano il suono attualmente non sono molto diffusi perché non ci sono stati investimenti seri nella ricerca, soprattutto perché il settore è molto complesso: è difficile lavorare con gli ultrasuoni perché l’uomo non li percepisce; invece sintetizzare gli ormoni è più semplice perché li si conosce, li si estrae e si raggiunge il proprio obiettivo. Inoltre, occorrerebbe individuare dei suoni molto specifici, perché il rischio è di creare inquinamento acustico in quanto, oltre a danneggiare l’insetto che non tolleriamo, andrebbero a interferire con altri insetti che magari sono utili, come le api. Pensiamo anche al vicinato: se uso gli ultrasuoni nel mio campo per colpire un insetto specifico, il suono, viaggiando nella distanza, potrebbe disturbare il vicino che, ad esempio, ha un’arnia con le api e rovinare il suo sistema. Il suono è difficilmente direzionabile in questi casi e, quindi, può interferire con altro.
Si parla di musica delle piante, forse anche in base ad un approccio che estetizza la comprensione del paesaggio naturale che ci circonda (suono dei ruscelli, canti di cicale o di uccelli, etc.). Tu che ne pensi?
Da un lato c’è il suono degli elementi naturali, come il ruscello, il vento, il mare o i rami attraversati dal vento; dall’altro c’è il suono che deriva dalla mediazione con i fenomeni naturali. Se l’aria attraversa un flauto, essa non crea musica se non c’è l’uomo che manovra lo strumento: in base a queste premesse, non si può dire che è l’aria che suona o che stiamo ascoltando la musica dell’aria ma è la musica dell’uomo attraveso l’aria.
Anche nel caso della cosiddetta “musica delle piante”, dove si utilizza un sistema elettronico che sfrutta l’attività dei vegetali, si tratta della musica dell’uomo attraverso la pianta: esso potrebbe funzionare anche con qualsiasi altro sistema meccano-chimico, perché si basa essenzialmente sul movimento della linfa. Il sistema è applicato sulle foglie e, attraverso il movimento della linfa che esercita una pressione interna e un movimento di elettroliti, si ha l’emissione di un suono attraverso un piccolo software: direi che è un concetto un po’ lontano dal puro suono della pianta!
Ad esempio, si dice che la pianta, quando le si avvicina il fuoco, ha paura ed emette un suono grave oppure che, cambiando contesto, la pianta suona di giorno ma non di notte. Nell’ultimo caso, ciò avviene perché, ovviamente, di notte il flusso di linfa è basso per cui l’attrezzatura elettronica, a cui la pianta è collegata, non riesce a tradurre alcun suono proprio perchè non c’è un flusso di linfa elevato. Analogamente, quando arriva una fonte di calore in prossimità di una pianta, la frequenza di linfa si riduce perchè essa, per preservarsi dalle alte temperature, tende a ritirare la linfa dalle parti più estreme, le foglie, da cui le piante traspirano e, per ridurre le perdite di acqua, la posiziona sulle parti più lignificate (tronco o rami) che traspirano meno. Perciò lo strumento, riducendosi la linfa, restituisce suoni più gravi che a noi esseri umani suscitano paura, ma non si tratta di un’emozione della pianta!
Il paesaggio è un sistema che può essere costruito dall’uomo, a seconda dei suoi obiettivi. A piccola scala, è possibile determinarne i colori prevalenti o i profumi ma anche i suoni attraverso una progettazione dettagliata delle sue componenti: scelta di piante ed essenze che attirano insetti e, a loro volta, animali. Cosa ne pensi? E’ un’utopia? Che fattori incidono sul successo di un progetto di questo tipo?
E’ un progetto realizzabile. Già a partire dalla scelta delle piante e degli alberi, automaticamente si sceglie un preciso effetto sonoro perchè i diversi tipi di legno, mossi dal vento, emettono suoni diversi. Pertanto un approccio semplice, per realizzare un progetto come quello di cui mi parli, potrebbe essere quello di scegliere il tipo di suono, se grave o acuto, e quindi il legno che meglio lo riproduce. Inoltre alcune piante, in base alla temperatura, possono emettere dei suoni: ad esempio nelle conifere, quando inizia il caldo estivo, la resina cede e si sente il “crack” dell’apertura delle pigne: questa è la dimostrazione che la pianta, da sola, può dare un contributo sonoro.
Un livello più approfondito di scelta può essere quello legato, oltre agli odori, suoni propri e colori, anche alla capacità attrattiva o repulsiva che le essenze hanno nei confronti di alcuni insetti o animali: ci sono piante che attirano selettivamente alcune specie di uccelli come il corniolo, il viburno, il corbezzolo, il giuggiolo, etc. Per esempio la lavanda, quando fiorisce a luglio, crea non solo una macchia di colore e di odore ma attira insetti come farfalle o bombi, creando un paesaggio sonoro fatto di ronzii. L’unico aspetto limitante è quello climatico e ambientale in senso lato, poichè si sceglieranno le essenze in base al periodo stagionale in cui si vogliono ottenere gli effetti e in cui si vuole vivere il proprio giardino: ad esempio, la lavanda fiorisce a giugno-luglio e, quindi, a fine agosto o settembre la vita al suo intorno è limitata. C’è uno studio analitico da compiere, quando si progettano queste composizioni, per l’individuazione di un periodo puntiforme o lungo e la scelta delle essenze che possono coprirlo. Si può, di conseguenza, creare una ritmica con pause, silenzi e suoni. Gli effetti sono immediati, perchè gli insetti o gli uccelli sono attirati subito ma, affinchè si crei una certa continuità soprattutto per la macrofauna, servono almeno tre anni per stabilizzare il sistema. Quindi sì, non si tratta di un’utopia: in base ai gusti e agli obiettivi, si può creare un giardino con i colori, i profumi e i suoni che si preferiscono.