Don Giovanni Calò è Monsignore Arciprete di Carovigno (Br).
Il nostro paese, Carovigno, sembra essere particolarmente attivo dal punto di vista della pratica musicale: dalla banda che suona durante le feste patronali a quella che accompagna i cortei funebri. La banda musicale di Carovigno, molto nota in passato e oggi diretta dal M° Paolo Calò, è una delle formazioni più longeve in Puglia, fondata dai Fratelli Castorini nel XVIII secolo: ci può raccontare la sua storia e che funzione ha avuto nell’educazione musicale popolare?
La banda a Carovigno è un’istituzione. A parte i Fratelli Castorini, nell’Ottocento ci sono stati i maestri Bagnulo, Teodoro e Vito. In particolare, Vito Bagnulo è stato il mio primo maestro di musica perché a otto anni ho iniziato a studiare la tromba.
Occorre soffermarsi innanzitutto su di una distinzione: c’è la banda “di giro”, quella che suona in occasione delle grandi feste ed è anche invitata in altri paesi, e “la piccola banda”, che accompagna i funerali e le piccole feste locali, che ha un organico limitato ad una ventina di elementi. La banda “di giro”, invece, ha un organico sostanzioso, intorno ai quaranta elementi, perché esegue opere e talvolta sinfonie.
Con i Bagnulo, la banda “di giro” di Carovigno ha viaggiato molto in Puglia: a quell’epoca non c’erano molti mezzi di trasporto e quindi ci si spostava con i traini: una lunga carovana che per giorni trasportava i bandisti, i repertori, i leggii, gli strumenti musicali… Di solito si partiva qualche giorno prima del concerto e poi ci si spostava da una festa all’altra e da un paese all’altro. A partire dal Secondo Dopoguerra, i viaggi sono stati affrontati in pullman.
A Carovigno ci sono stati molti maestri importanti ma quelli che ricordo, per averli conosciuti personalmente, sono il M° Piantoni, il M° Reino, il M° Centofanti e il M° Franco Patanè, che ha segnato, dal punto di vista della qualità, la storia bandistica di Carovigno. Patanè era direttore al Teatro San Carlo di Napoli; la Seconda Guerra Mondiale era finita da poco ed evidentemente ai teatri mancavano fondi, perciò i direttori venivano chiamati nei vari paesi a dirigere le bande, che erano delle vere e proprie istituzioni.
Il M° Patanè fu importante per la banda di Carovigno: era una persona molto umile, che aveva familiarizzato con i paesani, andava in campagna con loro e veniva circondato da molta stima e affetto. Era un direttore molto competente e sensibile e ricordo che fece eseguire dalla banda “I Pini di Roma” di Ottorino Respighi, un’opera insolita rispetto al tradizionale repertorio bandistico. Era talmente rispettoso della sua funzione che dirigeva vestito in frac.
Quando c’erano il M° Piantoni e, in particolare, il M° Patanè, la banda di Carovigno era molto famosa ma il merito non era solo del direttore ma anche dei solisti. Ricordo che c’era un flicornino molto bravo, Miluccio Coppone, che suonava a Carovigno ma anche in altre bande. Addirittura una volta, quando c’era il M° Piantoni, un suonatore di tromba particolarmente bravo all’improvviso sparì! Il fior fiore dei delinquenti locali andarono a cercarlo e lo trovavano: aveva lasciato la banda di Carovigno perchè aveva ricevuto offerte più allettanti economicamente. Questo episodio fa capire quanto fosse importante la scelta dei suonatori di banda e che lustro potessero dare al paese.
I solisti hanno una grande responsabilità perché sostituiscono la funzione dei cantanti nell’esecuzione delle opere: il flicorno soprano corrisponde al soprano in un’orchestra, il flicorno tenore al tenore e il flicorno baritono al baritono; ciò significa che occorre avere un bel fiato ed essere dei virtuosi dello strumento. La differenza con l’orchestra risiede proprio nel fatto che la banda è composta da ottoni, legni e percussioni e, almeno per i primi gruppi di strumenti, occorre fiato; in un’orchestra, invece, c’è la famiglia degli strumenti ad arco e ci sono i cantanti. La parte dei cantanti, quindi, nelle bande è eseguita da strumentisti: per questo motivo si va alla ricerca di solisti bravi e che riescano ad affrontare con equilibrio e virtuosismo le opere. La campagna acquisti si indirizzava proprio nello scovare quelli che potessero suonare nel giusto modo un’opera e di solito erano il flicorno tenore, baritono e la cornetta: quando funzionavano questi tre elementi, la banda poteva essere definita eccellente.
Le bande erano un po’ come le squadre di calcio, nel senso che c’erano tifosi che viaggiavano per seguirne le esibizioni nei vari paesi; succedeva anche che nello stesso paese suonassero contemporaneamente più bande, creando una sorta di competizione: una suonava un pezzo e l’altra rispondeva.
La banda ha avuto una funzione fondamentale nella diffusione della musica a livello popolare: se la gente conosce la Traviata o il Rigoletto è grazie alle bande di paese. Non pensiamo all’oggi in cui è molto semplice accedere a contenuti musicali mediante cd, canali o trasmissioni televisive e concerti di modico costo. Pensiamo, invece, all’Italia dei primi anni del Novecento e al nostro piccolo paese in particolare: se non ci fosse stata la banda, non ci sarebbe stata una cultura musicale. Molti anni fa, quando qui solo qualche famiglia possedeva una radio, in quelle case si radunavano decine e decine di persone per ascoltare l’opera, oppure si aspettavano le feste patronali per ascoltare la banda.
Il repertorio bandistico si concentrava sull’opera italiana, riducendone la durata che si limitava a un’ora e mezza o due al massimo: si suonava Donizetti, Bellini, Verdi, Puccini; le sinfonie erano più rare perché complesse, così come le opere di Wagner, per esempio. Inoltre, si sceglieva l’opera italiana perchè si conosceva già la trama o comunque la si poteva seguire e capire. Di solito le bande iniziavano la loro attività concertistica nel periodo di Pasqua per tornare in sede nei primi giorni di luglio, riposandosi per qualche giorno prima di riprendere il giro. In occasione della prima uscita, a Pasqua, la banda andava in Chiesa per la benedizione, c’era un piccolo concerto inaugurale e poi partiva per tornare a luglio.
Le prove si svolgevano in via Peppino Di Vagno, nella Centrale Elettrica: lì c’erano tutte le brande dei bandisti, le casse con gli strumenti e si provava fino a tardi. Allora, a Carovigno non c’era molto altro da fare e a noi bambini piaceva andare lì e ascoltare le prove. I suonatori erano prevalentemente artigiani, barbieri, falegnami, calzolai che avevano un’entrata economica anche nei mesi in cui non andavano in giro con la banda; oggi la maggior parte dei bandisti ha studiato al Conservatorio, perciò si tratta di professionisti e si sente che il suono è diverso.
Per annunciare la festa, al mattino la banda circolava attraverso il paese suonando, per poi raggiungere la piazza principale dove eseguiva qualche pezzo all’interno della cassarmonica. La sera avveniva l’esecuzione delle opere programmate: potevano esserci anche due bande a suonare ed era divertente vedere la gara tra i solisti e le reazioni del pubblico. Talvolta erano le bande stesse a mettersi d’accordo su ciò che avrebbero suonato, proprio per stemperare la competizione. Ricordo che a Carovigno, una volta, furono collocate due cassarmoniche, una nella piazza del municipio e l’altra non lontano, in piazza 4 Novembre; si creava un gran movimento di persone da una piazza all’altra, il paese era inondato di musica: la banda era la festa.
Purtroppo però, nel corso degli anni, i costi sono diventati insostenibili per l’amministrazione comunale, poichè il Comune ha sempre meno denaro da spendere per le feste patronali e i Comitati non riescono a raccogliere molti soldi: i solisti costano di più, poi ci sono l’ospitalità, i viaggi, e le spese sono tante. Contemporaneamente la diffusione musicale è aumentata: ci sono canali televisivi che trasmettono continuamente musica classica, cd, dischi, riviste e concerti che sono alla portata di tutti.
Ci può parlare della piccola banda, quella che suona ai funerali?
I componenti della piccola banda, per buona parte, sono persone appassionate di musica ma che svolgono un altro lavoro, ma ci sono anche giovani che studiano al Conservatorio o che frequentano corsi di musica e possono essere disponibili solo per qualche giornata o durante l’estate. Le piccole bande suonano durante i cortei funebri, per chi lo sceglie, e anche nei giorni delle feste pasquali, ma solo a mezzogiorno o durante la processione religiosa perché la sera è la banda di giro che deve “tenere la piazza”. A Carovigno ci sono due piccole bande: Concerto Bagnulo e Concerto Puccini. I cortei funebri sono tipici del Sud Italia, anche se vanno gradualmente scomparendo. Qui persiste questa tradizione ma, essendo a pagamento, non tutti scelgono l’accompagnamento musicale durante il corteo che porta il feretro in chiesa: la banda viene vista come un richiamo che annuncia la morte di qualcuno. Del resto, pensiamo ai riti della Settimana Santa a Taranto: la processione del Venerdì Santo dura a lungo e partecipano molte bande in quella occasione, suonando marce funebri scritte da autori tarantini che sono diventate celebri, tanto da essere state usate in alcuni film di Fellini.
Lei è stato allievo di Nino Rota: può ricordarci la figura del Maestro?
Ho iniziato a studiare teoria musicale e la tromba in si con il M° Vito Bagnulo. Successivamente sono entrato in Seminario, a Molfetta, e ho iniziato a studiare l’organo e il pianoforte: c’erano maestri come Luigi Celeghin, insegnante d’organo presso il Conservatorio Santa Cecilia di Roma, e a un certo punto Nino Rota è entrato nella vita di noi seminaristi. Avevamo già una certa età e non potevamo frequentare il Conservatorio di Bari, di cui Nino Rota era il direttore; riuscimmo a trovare un escamotage e ci iscrivemmo al corso di strumentazione per banda. Lì ho studiato con il M° Misasi e, quindi, ho conosciuto il M° Rota anche perché veniva in Seminario durante la preparazione, da parte di noi seminaristi, della prima messa in italiano scritta da lui.
Ho avuto la fortuna e la possibilità di conoscere un uomo di grande sensibilità, molto umile e generoso. Quando sostenni l’esame di solfeggio, gli parlai dell’opera “Mysterium Catholicum”, scritta da lui e commissionata dalla Pro Civitate Christiana di Assisi, e di cui avevo acquistato il disco durante l’estate. Durante l’esame gli parlai del disco e notai che lui si illuminava quando sentiva parlare dei suoi lavori. Come è noto ha scritto le colonne sonore per i film di Fellini, riscuotendo enorme successo.
Era un uomo di grande semplicità e aveva una grande facilità di scrittura, oltre ad essere molto generoso: tante volte l’ho visto nei negozi di strumenti musicali di Bari, per acquistare dischi o noleggiare strumenti musicali per gli alunni più promettenti ma non facoltosi. Ricordo che quando individuava un bravo strumentista, scriveva un concerto per lui! E’ stata una bella esperienza, ho un bellissimo ricordo del M° Rota. L’Auditorium del Conservatorio di Bari è, giustamente, intitolato a lui.
Quello che segue è il racconto di Giulia, bambina italiana di 7 anni, che è nata e vive in Gran Bretagna. Giulia legge la sua descrizione della festa patronale di Carovigno, dopo aver visto per la prima volta la banda, la processione con la statua della Madonna, le luminarie e i fuochi d’artificio.